Alcuni paesi, tra cui anche l’Italia, di fronte ad un numero insufficiente di dosi di vaccini anti-COVID19 o alla comparsa di effetti collaterali non previsti che hanno diviso la popolazione su due fronti spietati, hanno adottato una strategia al momento non convalidata o comprovata: rimodulare il protocollo di vaccinazione a metà strada con applicazione delle cosiddetta vaccinazione eterologa. Tutti i vaccini autorizzati, meno che il Vaccine Janssen di J&J, richiedono la somministrazione di due dosi a distanza di qualche settimana o pochi mesi l’una dall’altra. Diversi paesi europei e del mondo stanno ora raccomandando l’utilizzo di un vaccino diverso in sostituzione al vaccino di prima dose. Questo è anche il caso dell’Italia, per cui a tutti i cittadini under 60 a cui è stata somministrata la prima dose di AstraZeneca è stata indicata la somministrazione di una seconda dose Pfizer-BioNTech oppure Moderna. Attualmente, i primi dati suggeriscono che l’approccio, nato dalla necessità, potrebbe effettivamente essere vantaggioso; si parla tuttavia di considerazioni sul campo ancora da confermare.
In tre recenti studi, alcuni ricercatori hanno indicato che l’applicazione di una dose del vaccino Vaxzevria di AstraZeneca seguita da una seconda dose del vaccino Comirnaty di Pfizer-BioNTech sia in grado di produrre forti risposte immunitarie. Due di questi studi ci permettono di notare anche che la risposta al mix di vaccini pare sia almeno altrettanto protettiva delle conformi due dosi di vaccino Pfizer-BioNTech, il quale è considerato uno dei vaccini più efficaci.

Se la miscelazione dei vaccini si rivelasse sicura tanto quanto pare sia efficace, potrebbe comportare una notevole accelerazione nel piano vaccinale di tutti i paesi del mondo, facilitando i protocolli di vaccinazione senza necessità di accantonare dosi di vaccino destinate alle secondi dose e riassestando il ritmo di immunizzazione. Uno studio spagnolo guidato da Cristóbal Belda-Iniesta, uno specialista di ricerca clinica dell’Istituto Sanitario Carlos III, svolto su 448 persone che hanno ricevuto una dose del vaccino Pfizer-BioNTech otto settimane dopo una dose iniziale di AstraZeneca, ha dimostrato un’ottima affidabilità e sicurezza di applicazione ed una robusta risposta anticorpale a partire dalle due settimane successive alla seconda dose. “Questa possibilità apre nuove prospettive per molti paesi” dichiara lo stesso Belda-Iniesta, pubblicando i risultati dei test sui campionamenti di sangue dei pazienti coinvolti nello studio su Lancet.
Uno studio analogo, purtuttavia applicato su numeri ridotti, è stato portato avanti da Leif Erik Sander, esperto di malattie infettive presso il Charité University Hospital di Berlino. Lo studio dimostra quanto gli effetti collaterali non siano stati particolarmente devianti dallo standard dei protocolli approvati con utilizzo di un singolo vaccino, peraltro pare che vi sia stato un incentivo immunitario dato da una maggiore stimolazione dei linfociti T, responsabili di un miglioramento della risposta anticorpale anche nei confronti di cellule già infette. Un terzo piccolo studio ad Ulm, sempre in germania, ha riferito risultati del tutto comparabili. Entrambi questi studi sono in pre-print sul server medRxiv.

Dan Barouch del Beth Israel Deaconess Medical Center afferma “due vaccini applicati in combinazione potrebbe essere anche più efficaci di entrambi i vaccini applicati singolarmente”. Lo stesso Barouch ha fatto parte del team di sviluppo del vaccino monodose di Johnson&Johnson, il quale condivide con Vaxzevria un fatto fondamentale: si tratta di vaccini a vettore virale che sfruttano un adenovirus non replicante per veicolare l’mRNA necessario per la produzione della proteina Spike da parte delle nostre cellule. I vaccini Moderna e Pfizer-BioNTech invece utilizzano direttamente le molecole di mRNA in modo le cellule della persona che si è vaccinata siano in grado di sintetizzare la proteine Spike senza passare per il vettore. Dal punto di vista immunologico, si è dimostrato come i vaccini a vettore virale siano maggiormente implicati nell’attivazione dei linfociti T, al contrario di quanto lo siano i vaccini ad mRNA, maggiormente implicati nell’induzione della risposta anticorpale. Il cocktail di vaccini quindi parrebbe essere in grado di fornire al sistema immunitario diverse vie per sviluppare delle difese nei confronti dello stesso antigene e di conseguenza dello stesso patogeno, comportando in qualche modo un effetto di potenziamento sinergico fra i due vaccini.
Nonostante questi studi siano assolutamente promettenti, è bene indicare quanto siano altrettanto imperfetti e non definitivi: per valutare l’effettiva efficacia del mix di vaccini bisognerà valutare grandi gruppi che devono essere monitorati per un tempo maggiore e con un protocollo sperimentale più rigido, così da trarne informazioni più dettagliate e meno fraintendibili. Tuttavia, gli studi sono un’ottima base di partenza per le valutazioni necessarie e supportano le decisioni dei governi di vari paesi tra cui Italia, Spagna, Danimarca, Francia e Germania che hanno indicato la possibilità di combinazione dei vaccini per far fronte agli effetti collaterali, sopperire alla mancanza di dosi e velocizzare la campagna vaccinale.
Il mix dei vaccini potrebbe inoltre impattare positivamente sulla circolazione delle varianti. Se un determinato vaccino è meno efficace di un altro nei confronti di una certa variante, la combinazione di vaccini potrebbe garantire che le persone che hanno già ricevuto una dose di un vaccino con una minore efficacia possano ottenere una sorta di booster immunitario in seguito alla somministrazione di un vaccino più efficace contro la variante suddetta.
Uno studio britannico pubblicato su Lancet riporta anche alcuni dati relativi alla sicurezza di applicazione di una vaccinazione eterologa. Le persone coinvolte hanno sviluppato più comunemente sintomi da lievi a moderati alla seconda dose di vaccino, tra cui brividi, affaticamento, febbre, mal di testa, dolori articolari e muscolari, rispetto a quelli del programma standard.
Tuttavia, queste reazioni avverse sono state assolutamente temporanee e non vi sono state segnalazioni importanti in riferimento alla sicurezza. Ad oggi sono in attivo altri numerosi studi analoghi che potranno confermare i dati riportati o aggiungerne e rivalutarne degli altri. Restiamo in attesa, fiduciosi nella scienza, di aggiornamenti che possano rasserenarci ed allontanare una volta per tutte questo incubo ad occhi aperti denominato pandemia.